giovedì 4 novembre 2010

18. Un mese (dopo)

Cosa rimane negli occhi e nel cuore di un mese come quello che è finito un mese fa? L'odore dell'India ti resta addosso, mangi con le mani, poi le lavi ma non basta; cammini a piedi scalzi, e dopo un mese le piante sono più chiare, lisce, segnate. Il caldo, il sudore, lo sporco non vanno via. E non va via nemmeno il sole, il sapore di frutti di cui non sapevo nemmeno il nome, il ricordo di visi diventati in così poco tempo amici, di vite difficili ma vissute davvero, di diversità e ricchezza, di povertà solo materiale, di fedi e colori differenti, complementari e in pace tra loro.

Tutto questo si stempera quando tocco coi piedi l'Europa, e il clima a cui sono abituato mi investe, insieme al mio stile di vita. Mi è capitato tante volte in questo mese di pensare a quel mese, e a che cosa è successo a me in questa macchia di inchiostro nello scorrere veloce del mio romanzo. Coscienza, questo è quello che questi trenta giorni mi hanno dato. Di me stesso innanzitutto, dei miei tanti limiti e delle mie tante possibilità. Coscienza che le scelte che ho fatto, passate e presenti, hanno un filo. Che devo imparare a dosare il mio entusiasmo trovando momenti di riflessione, di tempo vuoto, per pensare ai momenti passati e futuri di tempo pieno. Che aiutare gli altri aiuta prima di tutto se stessi. Coscienza che non esiste un modo migliore di vivere bene, ma tanti modi diversi. Ho imparato, come diceva mio nonno, a pensare tre volte prima di parlare e poi stare zitto. Che spesso la prima risposta a un problema non è la migliore, né quella che conta.

Dopo quello che ho vissuto ho imparato anche ad essere ottimista, a non buttarmi giù, a pensare sempre a quanta fortuna ho avuto e ho ogni giorno a non dovermi preoccupare di problemi per noi superati da decine di anni. A dare meno le cose per scontate, a sorprendermi, a quante persone ci sono che agiscono per il bene degli altri. Che ogni tanto vale la pena di mettere da parte il cinismo e sorridere, come facevano ogni giorno i 43 ragazzi che ho conosciuto a Tharangambadi, chiedendomi ogni volta che mi incontravano: "Ciao, come stai?". Quei sorrisi mi hanno detto per un mese: sveglia, è ora di cominciare a vivere davvero.

Ho ripreso a scrivere, non riuscendo a tenere dentro l'esplosione di pensieri che ogni giorno entravano in testa. Ho assecondato la mia curiosità cercando di capire, da un punto di vista esterno, una realtà che nemmeno immaginavo possibile. Mi sono sentito in minoranza, diverso tra uguali, ho capito come ci si sente in una situazione così. Ma spesso ho percepito il complesso di inferiorità in alcune persone che ho incontrato, e essere considerato migliore solo perché visto come più ricco mi ha fatto sentire a disagio, quasi un pesce fuor d'acqua. Ho imparato a mettermi allo stesso livello dei miei interlocutori, a dialogare. E, spero, anche ad aiutare.

Non so se è per come stanno andando avanti le cose adesso, però in questo Ottobre mi sono sentito tante volte felice. Senza niente da chiedere e da perdere. Senza prendermi né troppo, né troppo poco sul serio. Sospetto che sia a causa di questo Settembre in India. Questo spazio chiude. La ricerca continua.