sabato 2 ottobre 2010

15. Tramonto

Giorno prima della partenza, festa nazionale, compleanno di Gandhi. I ragazzi sono a Ooty, molti del college sono andati a casa per il fine settimana, c'è solo Brother Sagaya Raj a fare la guardia. Trovo il tempo di scrivere e soprattutto di pensare a quello che ho fatto in questo mese qui, stamattina ha piovuto, credo stia davvero arrivando il monsone di Nord-Est, ormai non è più caldo, me ne accorgo la sera quando esco dopo tanti giorni costretto in casa dagli acciacchi.

Alle cinque e mezza l'aria è tersissima, sembra di vedere sulla punta del naso i nuvoloni bianchi grigi neri e blu che si rincorrono nel cielo sopra le palme tonde. A piedi nudi attraverso i campo di pallavolo e quelli da calcio misurando i passi nella sabbia ocra compattata dalla pioggia, ripenso alle sudate, alle corse, a questo mio mese che rimane su questa sabbia e passerà con la prossima partita di calcio, mescolandosi con le vite di tutti quelli che hanno calpestato questo campo.

Ascolto il silenzio rotto dai merli, dai clacson e dal vociare degli uomini che nonostante la festa rientrano dal lavoro nei campi. Il cane bianco della casa si alza, mi guarda, si gratta. A metà campo mi giro verso la casa e trovo un arcobaleno che copre un quarto di cielo tra due nuvole, brividi. Due scoiattoli si rincorrono su un ramo dei grandi alberi di mango.

Continuo a camminare, mi sembra di sentire la terra che calpesto, attraverso un fossato vicino al pozzo e arrivo alla fine del giardino. Dietro la statua della Madonna con il Bambino una capra zoppa delle gambe anteriori bruca l'erba nella scacchiera di filo spinato che delimita il confine, altre due più a lato vicino alla riva di un laghetto forse artificiale o forse no.

Torno indietro per la stessa strada, sento solo me stesso nel silenzio del tramonto, già pestando i sassi più duri della stradina davanti alle mie ciabatte mi sembra di uscire da un sogno. Daniel, uno studente del College, mi accompagna a Tharangambadi a prendere 50 gova, un frutto buonissimo. Domani ne darò uno ad ogni ragazzo. Inizia a piovere, sotto il cappuccio della giacca a vento guardo per l'ultima volta questo crepuscolo che si specchia nelle risaie rigate dalle gocce d'acqua, guardo l'umanità che gira per i paesi, torna dal lavoro, guida, va al tempio, in chiesa in moschea, le mucche assiepate ai lati della strada.

La sera dopo cena ripercorro i miei passi, mi stendo in mezzo al campo da calcio e guardo da sotto in su un cielo che mi sembra grandissimo, pezzato dalle nuvole vuote dopo la pioggia, e pieno, le stelle che fanno capolino sembrano spilli chiari piantati in un enorme cuscino blu. La polare è troppo bassa qui, infatti non la vedo. Credo di averla trovata dentro di me però, mi sento parte di questa armonia, nel mio elemento. 

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